

ABCOMUNICA
La sala da pranzo dell'hotel Eremito proposto da Giulia Valentina
Giulia Valentina, per chi non la conosce, è una influencer italiana, originaria di Torino, che ha sviluppato una strategia social tutto sommato banale, con tanto di descrizioni dei suoi viaggi e del suo stile di vita, con gli immancabili due cagnolini al seguito, ecc... Il suo profilo Instagram è tuttavia molto seguito perché Giulia insegna i phrasal verbs dell’inglese parlato, commentati nelle sue stories in modo ironico e geniale.
Mi sono imbattuto nel suo profilo perché con una serie innumerevole di piccole stories, Giulia è andata in un hotel molto particolare. Si chiama Eremito e si trova nelle bellissime terre di San Francesco.
Come dice il nome, quest’hotel era infatti un monastero, con cellette spoglie, statua di santo all’ingresso e campana sul portone al posto del campanello.
Questo edificio che una volta fu sacro, l’ha acquistato un ricco signore, che lo ha trasformato in un hotel alternativo, lasciando intatta la sua struttura originaria.
L’hotel si propone ai “Solo-Travel”, quindi a chi viaggia senza compagnia. Del resto c’è spazio nelle celle solo per un letto da una piazza e mezzo e anche due fidanzati si troverebbero un po’ strettini.
La cosa interessante per noi è che tutto l’hotel è stato pensato come un’esperienza di digital-detox, ossia come un modo per staccarsi dal dominio dei social.
Lì lo smartphone prende poco, ma ciascuno si deve regolare da sè per lasciarlo spento, se vuole vivere appieno l’esperienza.
Ciò che affascina i visitatori è il clima che si respira: dappertutto si sente in sottofondo il canto gregoriano; ci sono cuscini ovunque e libri, dove ciascuno può ricavarsi lo spazio di silenzio per meditare. Esiste persino una vasca jacuzzi e un bagno turco.
Alla sera si accende il falò e con delle sdraio si socializza con gli altri ospiti sorseggiando tisane alle erbe.
Giulia Valentina ne parla con l’entusiasmo alle stelle: racconta, udite udite, che a cena si sta in silenzio... nessuno parla mentre mangia e questo creerebbe, così dice, un’esperienza fantastica.
Ebbene: chi è mai stato in un monastero vero, sa che queste cose la Chiesa le ha proposte da millenni a qualsiasi visitatore, sia uomo che donna, in tempi dove solo ai ricchi era permesso godere di accoglienze simili.
I monasteri di Occidente e Oriente offrivano il detox a tutti, con accoglienza degna di un principe anche ai visitatori senza soldi. Ogni soldato o contadino, lasciava fuori il suo mondo e si godeva qualche giorno di vera pace. Di detox diremmo oggi.
Com’è allora che una influencer nel 2020 scopre l’acqua calda e ne diffonde il messaggio, al punto che ora l’hotel Eremito, se vuoi prenotare una stanza, non ha più posti liberi fino al 2021?
La Chiesa ancora una volta non solo non ha saputo comunicare anche questo messaggio che aveva nel suo scrigno, ma ha disastrosamente creduto, in questi anni, di dover aggiornare quella proposta con contenuti che riteneva più moderni e più appetibili.
Peccato che oggi tutti cercano proprio quello schema di vita che lei conservava un tempo.
Cena in silenzio? Vetustità medievale.
Canto gregoriano? Meglio il canto di uccelli in mp3 o una musica new-age da Spa di un hotel a tre stelle.
Cella singola? Meglio le camere da sposi nella nuova foresteria con arredamento moderno, armadio e acqua calda.
Insomma, se perfino Giulia apprezza la quiete e l’essenzialità monastica, benché rivisitata e laicizzata in quel modo, forse c’è un immenso pubblico disposto persino a pagare per avere quel che la Chiesa aveva già pronto.
Forse occorrerebbe ascoltare di più la domanda del mondo moderno e non pensare di sapere già la risposta in base al nostro prodotto già confezionato e bell’e pronto.
Riformulare la proposta in base alle vere domande dei clienti è uno dei principi centrali del marketing. La Chiesa lo aveva già sempre fatto fino agli anni ‘60. Poi ha deciso che il suo contenuto non andava più bene e ha deciso di venderlo al mondo pagano. In mano agli imprenditori, l’eremitaggio è diventato così addirittura un mito, un “Ere-mito”.
Ancora una volta, la Chiesa avrebbe bisogno di marketing. Ma proprio tanto.